Sull’altare maggiore del Santuario vi era una piccola statua della Vergine SS.ma molto venerata in Cagliari e in tutta l’Isola sin dal 1336. La devozione si fece più sentita in seguito ad uno strepitoso prodigio che le meritò il titolo di “Nostra Signora del Miracolo”.
Tra i pochi superstiti abitatori del Castello di Bonaria, edificato da Alfonso IV di Aragona, vi era un soldato, famoso giocatore di carte, stranamente geloso di un suo commilitone altrettanto esperto nel gioco. Volle perciò sfidarlo ad una partita a patto di non mettere termine alla medesima sino a quando uno dei due non avesse perduto ogni cosa. Proposta ed accettata questa condizione, il provocatore si recò nella chiesa dei Padri Mercedari. Raggiunse frettolosamente l’altare maggiore e postosi dinanzi alla statua della Madonna così le parlò: “ O Madre di Dio, a Te io ne vengo prima di affrontare il mio avversario. Non mi interessa di quanto possiedo, ma ripongo nella vittoria tutto il mio onore. Perciò se, aiutato da Te, riuscirò a vincere, prometto di condividere con Te il guadagno; ma qualora dovessi perdere, stanne certa, che verrò a colpirti con questa spada”.
Uscito dal tempio gli si fece incontro l’avversario. Frementi entrambi di silenzioso livore, si rifugiarono nella vicina “grutta ‘e su rei” e iniziarono il gioco, che si protrasse per tutta la notte con alterne vittorie e sconfitte. L’alba era ormai vicina e l’indignazione di Dio stava per colpire l’empio e scellerato sacrilego. Il temerario provocatore, dopo avere perduto tutto il denaro, impegnò persino il suo vestito e quel che aveva, ma la vittoria non gli arrise. Gli rimaneva così soltanto la spada con la quale aveva osato minacciare la Vergine Santa e giocò anche questa con la speranza di rifarsi, ma inutilmente.
Preso dalla disperazione si avventò sull’avversario, gli strappò la spada e corse in chiesa per sfogare la sua ira contro il Simulacro della Vergine.
La statua venne colpita sul collo, sotto il mento, e da questo miracolosamente sgorgò all’istante vivo sangue che cadde sui gradini dell’altare e macchiò le mani dello scellerato Matricida. A quella vista egli restò allibito ed immobile sino a quando non accorsero i religiosi e i fedeli ai quali, piangendo, confessò l’orrendo delitto.
La notizia del gesto sacrilego si divulgò subito ed un’onda di commozione e di sdegno percorse tutta la città. Sardi ed Aragonesi, in riparazione all’ingiuria fatta alla madre di Dio, presero a praticare un culto specialissimo verso il Simulacro della Vergine.
Fino al secolo XVI poteva vedersi, appesa all’altare, la spada con la quale l’empio soldato aveva ferito il simulacro della Madonna.
In passato la Madonna indossava una veste in gallone d’argento che lasciava vedere solo la faccia e le mani della Madonna e del Bambino. Nell’ottobre del 1866 venne svestita per ritrarla in fotografia e venne lasciata in quel modo perché meglio risaltasse l’opera nel suo originale.
Sino al penultimo restauro si vedeva chiaramente la ferita e il sangue del quale ne era spruzzato il capo del Bambino.
Il restauratore, agendo in modo poco professionale, ha “grattato” quella ferita e il sangue, anche se l’ultimo restauro degli scorsi anni ha riportato parzialmente alla vista sia il taglio sia un poco del rosso sangue presente sul collo della statua.